BRUCE vs BRUCE SPRINGSTEEN: L'INQUISIZIONE CHE NON PERDONA

28.05.2023

LUANA FOTI. L'irragionevolezza delle polemiche contro il concerto de "Il Boss" a pochi chilometri dalle zone alluvionate dell'Emilia Romagna.


Trovo necessario prendere le distanze da quelle persone che per raccontarsi di essere migliori, sventolano la bandiera di una spietata morale che delegittima tutto quello che loro vorrebbero ma non possono essere. E attaccano chi non fa quello che, se potessero, non farebbero neanche loro.

Questa tossica dinamica è molto facile vederla quando sotto la lente dell'Inquisizione si trova una persona che è anche un personaggio pubblico. In questo caso, l'ipocrisia raggiunge il peggio di sé. Una persona che  sceglie di fare un mestiere che la rende pubblicamente conosciuta, smette di essere appunto una persona per trasformarsi nel personaggio che ogni membro della società decide che deve diventare. Ognuno si conferisce il diritto di decidere cosa quella persona deve essere, deve pensare, deve dire e deve fare. Quali cause deve sposare e quali no. Chi non si adegua a questa nuova immagine che dei perfetti sconosciuti hanno confezionato per lui è finito. Ripudiato. Escluso. Il giorno prima era in. Poi, è diventato out.

L'ultimo a passare sotto il giudizio castigatore dell'Inquisizione è stato Bruce Springsteen che durante il suo nuovo tour mondiale ha fatto tappa a Ferrara la sera di giovedì 18 maggio 2023. La circostanza che ha scatenato la polemica è stata la posizione geografica e temporale dell'evento: pochi chilometri di distanza e pochi giorni dopo l'alluvione che ha colpito e distrutto la vita e le terre di migliaia di persone di 43 comuni tra Forlì, Cesena, Ravenna, Rimini e Bologna. Motivazioni sufficienti per molti -compresi alcuni colleghi del mestiere come Roberto Vecchioni e Manuel Agnelli- per annullare il concerto, devolverne il ricavato alle zone colpite o almeno dire qualche parola di solidarietà verso le vittime.

Conosciamo Bruce Springsteen, il cantante soprannominato "The Boss" e riconosciuto da molti come l'ultima leggenda del rock rimasta. Il cantante con alle spalle 2837 concerti celebrati in tutto il mondo, 21 album di inediti pubblicati, 6 album live, 2 Golden Globe, 20 Grammy, 1 Tony Award, 3 Emmy, Premio Oscar per Streets of Philadelphia, sul dramma di un uomo emarginato dalla società perché colpito dall'AIDS. Il cantante che ha cantato in ricordo dei desaparecidos in Argentina, del cantautore cileno Victor Jara ucciso dal regime di Pinochet, contro l'Apartheid in Sud Africa con Amnesty, per i veterani di guerra statunitensi e le loro famiglie intonando insieme a Dave Grohl e Zac Brown Fortunate son, manifesto contro la guerra e il patriottismo belligerante delle classi sociali più elevate americane. E per Amadou Diallo, ragazzo guineano di ventitré anni ucciso con 41 colpi di pistola da membri della polizia di New York nel 1999 per il quale ha scritto American Skin (41 shots). Ma, soprattutto, lo conosciamo per aver pubblicato ufficialmente 432 canzoni sulla vita di uomini e donne presi dalle sofferenze, dalle miserie, contraddizioni, allegrie, aspettative, speranze e sogni comuni. Della loro ricerca di un'identità, di un posto nel mondo, del senso della vita, del valore che ha l'essere umano, delle responsabilità sociali, delle ipocrisie di chi ha il potere, del tempo che passa, del desiderio di riscatto, di rinascita tra le macerie, di cosa resta nella vita, della morte.

Eppure, pur conoscendo tutto questo del cantante, cosa o quanto possiamo sapere dell'uomo Bruce? Che diritto abbiamo noi, a lui perfetti sconosciuti, di sapere di Bruce? E che diritto abbiamo noi di pretendere dall'uomo Bruce qualcosa in cambio?

Se pretendiamo per noi la libertà di essere chiunque vogliamo, perché non dovremmo riconoscerla in egual misura a chiunque altro essere umano, inclusi "i personaggi pubblici"? Le aspettative di ciò che "dovrebbe essere o fare" l'altro non sono altro che proiezioni arbitrarie di nostri desideri che gli altri non hanno nessun dovere di rispettare. De Gregori scrive che se la gente che ascolta le sue canzoni pensa di conoscerlo "non è un problema mio". Ecco il punto. Cosa vorremmo che gli altri siano o facciano per noi, non è un problema loro. Neanche se sono dei personaggi pubblici.

Chi è o cosa fa Bruce è più importante di chi è o cosa fa Bruce Springsteen? Non abbiamo il diritto di sapere chi è Bruce, solo sappiamo che mestiere fa Bruce Springsteen. E giovedì, a Ferrara, ha fatto il suo lavoro: attraverso la voce e le mani sue e dei membri della magica E Street Band, ha fatto vivere un sogno a migliaia di persone accorse da varie parti d'Europa per ascoltarlo. Offrire tre ore di evasione da una realtà a tratti spietata senza donare il ricavato alle vittime (di questo non c'è conferma), dire pubblicamente una parola di conforto o annullare il concerto che implica il lavoro -e lo stipendio- di centinaia di lavoratori e lavoratrici rende Bruce Springsteen una persona umanamente detestabile e pubblicamente da non seguire più? Scegliere di dedicare tre ore all'evasione da una realtà che rimane comunque ben presente intorno e dentro di sé, rende una persona indifferente o meno indignata, meno arrabbiata o insensibile a quello che succede fuori?

Forse, l'uomo Bruce a noi, per lui perfetti sconosciuti, non ha parlato. Ma il cantante, Bruce Springsteen, sì che lo ha fatto. Nel modo che sa fare meglio, attraverso cioè le sue canzoni: Tonight, I have a Letter to you: No Surrender, Because the Night is made to Dancing in the Dark. It's gonna be all right, I know you're not alone. Come on up for The Rising, come on up lay your hands in mine. -Stasera, ho una lettera per te: non ti arrendere, perché la notte è fatta per ballare nell'oscurità. Andrà tutto bene, so che non sei solo. Coraggio, risorgiamo. Coraggio, metti le tue mani sulle mie.


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