LA RESPONSABILITÀ DI ESSERI LIBERI

02.04.2023
Foto di @Chiara Foti
Foto di @Chiara Foti

LUANA FOTI. Sono tutti pacifisti quando a pagare le conseguenze di una pace senza libertà sono gli altri.


In un viaggio in treno di 6 ore, il tempo scorre lento. In certe tratte, intrattenersi ascoltando (obbligatoriamente) i discorsi di chi siede vicino a te è un antidoto contro la noia o un buon motivo per trasformare il viaggio in un durevole momento di frustrazione e indignazione silenziosa.

Spartiacque del mio viaggio è stato imbattermi in due frasi pronunciate da persone sedute non molto lontano da me che orgogliosamente si stavano raccontando pezzi di storia secondo loro silenziati dai media mainstream.

-«La NATO è arrivata a casa loro. Che dovevano fare i russi?» chiede un uomo, lo stesso che qualche discorso più avanti dirà che in Italia c'è bisogno di un altro Mussolini.

-«Parliamoci chiaro: il Donbass è russo, hanno ragione a riprenderselo. Come gli austriaci dovrebbero prendersi la Valle di Susa», ribatte una donna, la stessa che qualche discorso più avanti si lamenterà del fatto che le maestre della classe di suo figlio pretendono un quaderno diverso per ogni materia.

Vorrei almeno dire che la NATO non è uno stato ma un'alleanza tra paesi sovrani creata a scopo difensivo che si può attivare solo per difendere e mai per attaccare. E soprattutto che l'Ucraina è uno stato sovrano organizzato in un sistema democratico i cui cittadini, ucraini, - non russi-, eleggono liberamente il proprio rappresentante. Sì, proprio come l'Italia, la Germania, la Francia o gli Stati Uniti. È vero, l'attuale presidente ucraino prima di entrare in politica ha fatto il comico. Ma, proprio noi, il paese che ha votato come partito di maggioranza uno fondato da un comico, lo stesso che ha inventato una cosa chiamata "Vaffanculo day", con quale coraggio possiamo fargli la predica?

Vorrei parlare, ma decido di non farlo.

Quanto siamo bravi a parlare di cosa è o sarebbe giusto per gli altri mentre noi siamo seduti in un posto accogliente liberi di vivere ed essere chi siamo senza ostacoli nel nostro quotidiano?

Da 405 giorni i cittadini di un paese sovrano guardano distruggere tutto quello che hanno costruito in una vita intera. Molti di loro non lo possono più fare perché qualcuno ha deciso che la loro vita doveva finire prima. Il 24 febbraio 2022 infatti, il dittatore russo Vladimir Putin, quello elogiato dalle persone vicino a me, ha trasformato in guerra totale l'invasione parziale del territorio sovrano dell'Ucraina, da lui iniziata nel lontano febbraio del 2014. In un reportage pubblicato su La Stampa, Francesca Mannocchi, racconta la vita dal fronte. Mentre noi ci preoccupiamo di riuscire a tornare a casa senza che il Frecciarossa sul quale comodamente viaggiamo faccia ritardo, i soldati arruolati nella guerra di Putin si chiedono ogni giorno se riusciranno a tornare a casa in piedi o dentro un sacco di plastica nero o se moriranno sottoterra in una trincea scavata tra il fango e la neve nel rigido inverno ucraino. Nello stesso pezzo, "Il coraggio di Bakhmut2", la giornalista riporta la testimonianza di Mikolayha, 42 anni, che dice che prima dell'invasione era cittadino di uno "stato libero in cui c'erano regole stabilite e cittadini chiamate a rispettarle senza minacce e senza armi. Poi sono arrivati i vicini, ed è finito tutto, finita la pace e pure la libertà".

Qualche ora dopo, sullo schermo centrale della nostra carrozza scorre la notizia: "Kherson bombardata 54 volte oggi".

All'improvviso, mi tornano in mente le parole di una vecchia canzone: «C'è un re con un gran cavallo che decide quando si balla e la storia che si ripete è sempre quella; siamo tutti un po' responsabili se la vita sarà impossibile, non c'è un alibi che tenga alla follia». E inizio a riflettere sulla responsabilità che chi vive un privilegio ha verso chi di questo privilegio ne è stato privato.

La nostra libertà, che è un diritto universale e inalienabile da ogni essere umano, è ancora un privilegio "concesso" solo in alcune parti del mondo. Chi vive un privilegio ha due scelte: riconoscerlo e schierarsi a difesa di chi ne è stato privato o goderne in silenzio alle spalle degli altri. L'ipocrita paradosso prodotto da questa guerra è che coloro i quali si sono sempre dichiarati pacifisti e anti imperialisti hanno finito per giustificare e difendere l'imperialista e il guerrafondaio.

Nell'art. 11 della sua Costituzione, l'Italia si dichiara un paese che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. Di fronte dunque al caso in cui uno Stato sta usando la guerra per offendere la libertà di un altro popolo sovrano, quanto sarebbe legittimo ed eticamente responsabile non attaccare l'invasore e non difendere l'offeso?

Il contenuto dell'articolo mi fa riflettere anche su un altro punto: perché dice come prima cosa di ripudiare la guerra e non di scegliere la pace? Perché il termine forte nella relazione tra guerra e pace, è la guerra e non la pace. La pace è assenza di guerra. Ci può essere una pace senza giustizia, una pace senza libertà. Ma, senza libertà, e senza giustizia, la vita di un essere umano che valore ha? Per questo, la pace ad ogni costo è insostenibile per un essere umano.

Sono tutti pacifisti quando le conseguenze sono gli altri a pagarle.

Foto di @Chiara Foti
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